Streghe, fantasmi e un paesaggio incantato: il Castello di Lari

Streghe, fantasmi e un paesaggio incantato: il Castello di Lari

Per chi ha voglia di castelli non occorre andare in Scozia. A Lari, un paese che si trova a trentacinque chilometri da Pisa, hai di tutto e di più: leggenda, streghe, storia, segrete umide e tetre, sale da tortura, fantasmi. Il castello di Lari è lì dall'anno mille. Fu dei pisani, poi dei fiorentini che angustiavano Pisa e la spiavano dall'alto dei merli: vedevano lo stupendo campanile di Piazza dei Miracoli e ci sbavavano sopra. Infine lo ebbero. Ma i pisani riconquistarono la rocca. Poi la perdettero ancora. Ai giorni nostri le milizie americane che risalivano l'Italia vi allocarono il comando. Nelle celle fino agli anni '30 c'era rimasta gente cattivissima ma forse anche gli americani la usarono. Oggi vi corrono i bambini delle elementari muniti di un grazioso libretto che a loro chiede: come faresti scappare il brigante condannato a morte? Le risposte suggerite sono: gli dai una sega per liberarlo, la chiave della prigione oppure una borsetta con denaro per corrompere la guardia. Quest'ultima soluzione sembra sia la preferita. Giungo a Lari per l'invito di Dino Martelli, pastaio, cavaliere, priore della locale Misericordia, cittadino insigne. La sua famiglia fa la pasta addirittura dall'Ottocento, il nostro giornale se n'è occupato spesso, la Rai gli ha dedicato più trasmissioni perché ha ideato il fusillo che rammenta la Torre Pendente con tanto di riga che richiama il percorso di risalita. Ma prima di Lari c'è da metter l'occhio al paesaggio. E' un paesaggio incantato, mirabile, dolcissimo. Vi si penetra da Fauglia e subito dopo Crespina siamo circondati da ville strepitose. Ne hanno i D'Alesio (petroli a Livorno), i Diomelli (computer a Pisa), ne aveva una Ferdinando Nelli Feroci attuale ambasciatore a Bruxelles già consigliere diplomatico del governo D'Alema, figlio del pisanissimo avvocato Nelli presente nel consiglio della Cassa di Pisa e tra gli albergatori della Versilia. Poi proprio prima di entrare in Lari, a Crespina, vi è un tesoro. Lo possiede Carlo Pepi (e la nipote Maria Francesca). Dentro la loro villa e la loro fattoria si trovano centinaia di opere di Macchiaioli, qualche Modigliani, bellissimi Lorenzo Viani, una sterminata collezione di contemporanei. Tra i quali c'è da contare anche Keith Haring, re dei graffitari newyorkini ed autore di un famoso murale in Pisa (accanto al bar della Borsa). Dice Dino Martelli: «Non prescindiamo dal sindaco». Così col sindaco, appena eletto, penetriamo il borgo. Il sindaco è giovanissimo, è avvocato, proviene da mamma Pierina, comunista, e da papà Giuseppe, socialista. Ha vinto le primarie proprio su Dino Martelli. Ottocento voti il sindaco, Mirko Terreni, quattrocento Martelli che non se l'è presa. «In paese – dicono – siamo tutti compatti». Compatti per la stranota sagra delle ciliege (a Lari si fabbrica la ciliegia "marchiana" che è bella e non sporca i bambini) e per il richiamante palio delle contrade (si fa nel mese di settembre) che fu inventato da un prete al fulminato, don Armando Zappolini. Mise le belle ragazze dei quartieri a competere tra di loro con sacchi pieni di sabbia, roba da "Giochi senza frontiere". E tutti si divertono un mondo e vanno poi in chiesa a ringraziare Maria. La chiesa, romantico gotico, ha una splendida ceramica, scuola Della Robbia, e due statue (scuola del Pisano). Ma con Martelli e il sindaco incontriamo un altro personaggio chiave. Si tratta del principe del castello, Giovanni Bacci. E' un ragazzo che gestisce una mesticheria ma per passione dirige ed anima la fortezza. Che storie lì dentro! Tra corridoi bui e scale a dirupo che s'immergono nell'entroterra, ci mostrano la sala del tribunale (dove operò l'Inquisizione), la sala delle torture (che ha anche un manichino alla corda), le quindici celle che ancora raccolgono le scritte disperate dei condannati. Qui fu processata, torturata e poi assolta una certa Costanza di Libbiano (vi ha fatto un film Paolo Benvenuti) che accusavano di succhiare il sangue dei bambini (siamo nel 1594), di fare sesso coi diavolacci e Belzebù in persona, di praticare magie. Sospesa per aria, alla corda, fra triboli indicibili la sventurata confessò. Poi ritrattò. Poi riconfessò. Poi però convinse i tremendi inquisitori a perdonarla. Peggio andò ad un certo Alimento di Porretta che, accusato di omicidio, torturato, confessò, alla fine venne davvero impiccato. Non era uno stinco di santo.
Bene. Ci spiega Giovanni Bacci che se anche il castello di Lari è ben restaurato, luminoso, tirato a lucido nei begli affreschi dei saloni, in certe giornate di luna, si odono i temuti scricchiolii. E si vedrebbero ombre perdute. Lari, che conta novemila abitanti (molti lavorano allo stabilimento della Piaggio di Pontedera), vive di ciliege, di buona cucina (consigliabile l'antica osteria Il Castello di Alessandra Diari), di famiglie compatte, operose, come quella di Dino Martelli. Ci invita a pranzo in un tavolone come usavano una volta. La signora Lucia ci delizia un piattone dei fusilli a campanile, specialità della casa. La discussione s'incentra sulle nuove province. Chi dei figli vorrebbe Pisa capoluogo. Chi Livorno, perché a Lari, per le feste, vengono tanti labronici. Anche il sindaco sta per Livorno. Dall'alto del castello, giornata di sole quasi estivo, si vedono tutte e due le vicine città. E si vede anche Volterra. Siamo in un triangolo prezioso al turismo. Quanti turisti ci vengono? A Lari non c'è un albergo ma vi sono almeno quindici agriturismo. (Il Tirreno)



Saturno Comunicazione Sas
09/09/2014 11:33:37
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