La guaita di Travale

La guaita di Travale

Travale è un piccolo borgo del comune di Montieri ed è situato nell'Alta Valle del fiume Cecina. Sin dal 1135 fu un castello della famiglia Pannocchieschi d'Elci. Nel febbraio 1135 Rainiero Pannocchieschi, detto "Pannocchia", cedette alcune terre in Montieri, riservandosi quelle di Gerfalco e di Travale. Poco dopo il "Pannocchia" si trova in lite con il fratello Galgano, vescovo di Volterra, per la divisione delle terre poste in Gerfalco, creando una disputa che è alla base della nostra "Guaita di Travale". La litigiosità dei Pannocchieschi creava in queste terre continue diatribe, che rendevano insicure le condizioni di vita. Travale trovò un po' di stabilità solo quando si sottomise al Comune di Siena nel 1263. Nuovi patti, nel 1317, 1322, 1329, rinnovarono il legame con Siena, assicurando al borgo un lungo periodo di tranquillità fino al disastroso terremoto del 1502. Nel 1550 Travale si dotò di un proprio statuto, che restò in vigore fino al 1777, quando Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, aggregò il borgo al Comune di Chiusdino. Oggi il paese conserva poche testimonianze del passato a causa delle distruzioni subito dagli uomini e dalla natura; non ci sono palazzi antichi o castelli, ma rimangono ancora tracce delle vecchie mura, una torre a strapiombo sul fiume Cecina e una porta ben conservata, a testimonianza dell'antica potenza. Vi sono due chiese attigue ed unite, ma diverse per stile, storia e costruzione. La chiesa di sotto, detta di S. Michele, con un bel portale di arte senese, è del 1300. La chiesa di sopra detta "della Compagnia", era la vecchia chiesa di S. Michele e divenne poi un oratorio, più volte modificato.

La curiosità:
La curiosità - Nell'Archivio storico della Diocesi di Volterra è conservata una pergamena del 1158, la "carta di Travale", nota anche come "Guaita di Travale", in cui viene riportata in quella che veniva definita lingua volgare, una tra le prime testimonianze della lingua italiana. Nel documento sono riportate le testimonianze di sei uomini di Travale, rese al giudice Balduino, in merito ad una controversia tra il conte Ranieri Pannocchieschi e suo fratello Galgano, vescovo di Volterra, per provare l'appartenenza di alcuni casolari. In un passaggio dei verbali il giudice riporta lo svolgersi dei fatti trascrivendo le frasi del testimone, tal Enrigolo: "Io de presi pane e vino per li maccioni a Travale"; ma la frase più importante è la trascrizione della testimonianza di un certo Pietro, detto Poghino, che riporta un'espressione di Malfredo da Casamagi, il guardiano del castello di Travale: "Guaita, guaita male, non mangiai ma' mezo pane" interpretata come: La guardia fa male la guardia: non mangiai che mezzo pane. Sembra che il guardiano avesse usato, per lamentarsi della tirchieria dei suoi signori, che non gli davano sufficiente cibo, un frammento di un detto popolare, a riprova dell'utilizzo, ormai ampiamente diffuso, della nuova lingua da parte del popolo.



Saturno Comunicazione Sas
24/03/2014 11:30:37
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