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Museo Paleontologico

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Vieni a scoprire i nostri fossili, rimarrai stupito

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Museo Paleontologico
Via Poggio Bracciolini, 36
52025 Montevarchi (AR)
Tel 055 981227
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Il Museo Paleontologico di Montevarchi raccoglie circa 1600 reperti fra rocce, fossili vegetali e fossili animali, provenienti quasi esclusivamente dal antico bacino lacustre preistorico del Valdarno e di età compresa fra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore. Il primo nucleo di fossili si costituì nel 1809 presso il convento dei Frati Minori di Figline Valdarno ad opera del monaco vallombrosano padre Molinari. La collezione venne in seguito incrementata e trovò una definitiva sistemazione a Montevarchi nel 1819, dove fu riordinata da Georges Cuvier, naturalista francese fondatore della moderna paleontologia, autore di numerosi e importanti studi sui fossili del Valdarno (come attesta la lapide marmorea all'ingresso del museo). Le collezioni non hanno un ordine didattico moderno, poiché ricalcano i criteri museografici ottocenteschi, questa caratteristica insieme agli arredi e alle didascalie d'epoca rendono la raccolta "un museo del museo". Da maggio 2008 il museo è chiuso per ristrutturazione.

I fossili

E passiamo ai fossili, cominciando con il Canis etruscus. L'emblema del museo è il cranio, completo delle gigantesche difese, dell'Elephas meridionalis, ritrovato nelle seconda metà dell'Ottocento in località Le Ville ed esposto nel corridoio del museo.

Le varie vetrine del museo

Le prime sei vetrine sono occupate da fossili di vegetali (filliti) provenienti da Castelnuovo dei Sabbioni e risalenti alla prima fase lacustre, (Ficus, Magnolia, Castanea, Sequoia, Platanus, Quercus, Salix, ecc). Da notare i resti di noci di Juglans e le castagne acquatiche molto ben conservati. La vetrina 7 contiene molluschi di acqua dolce, tartarughe di acqua dolce e trote. Le Vetrine 8 e 9 raccolgono i resti dello Stephanorhinus etruscus risalenti alla seconda fase lacustre nel gruppo di Montevarchi, simile all'attuale rinoceronte di Sumatra, anche questo a due corna che però non sono visibili perché non fossilizzano. Nella Vetrina 10 si trovano i fossili di tapiro (Tapirus arvensis) risalenti alla alla prima fase lacustre nella successione di Santa Barbara. La vetrina 14 ospita resti fossili di animali più piccoli come l'istrice (Hystrix etrusca), il castoro (Castor plicidens), la lepre (Lepus valdarnensis) e la bertuccia (Macaca sylvana florentina). Nelle vetrine 15, 16, 19, 20, 35, 36, 37, 38, 39 e 40 ci sono resti di elefanti (Elephas meridionalis, Elephas antiquus). Nella parte bassa della vetrina 17 si trova il cranio del tipo di Canis etruscus, il fossile su cui il paleontologo Forsyt Major di Glasgow individuò e istituì tale specie. La Vetrina 18 ospita alla iena (Hyaena robusta), l'unico mammifero grado di rompere con le potenti mandibole le ossa degli altri animali per raggiungere il midollo, molto nutriente; questa particolare dieta permette la fossilizzazione delle feci (coproliti) ricche di pezzi di osso. Notevoli i resti della tigre dai denti a sciabola (Megantereon crenatidens) risalenti alla seconda fase lacustre nel gruppo di Montevarchi; gli enormi canini superiori favorivano l'animale nell'uccisione delle prede ma erano un ostacolo all'apertura della bocca e alla masticazione e si sono rilevate un ostacolo evolutivo e la probabile causa di estinzione. La Vetrina 21 raccoglie i fossili di Sus strozzii, un cinghiale pleistocenico con grandi zanne ricurve, antenato degli attuali cinghiali dell'isola di Giada e di Celebes, ma non dei nostri cinghiali. Nelle Vetrine 22, 23 e 24 sono collocati i resti dell'ippopotamo (Hippopotamus antiquus), major secondo le didascalie del museo. Le Vetrine 25, 26, 27 ospitano i fossili di Leptobos etruscus, un ruminante simile ad una grossa antilope con una struttura degli arti molto particolare: il terzo e il quarto metacarpo e metatarso sono fusi in un unico osso (cannone). Nelle vetrine 28, 29, 30 e 31 si trovano numerosi crani e palchi di cervidi (Pseudodama nestii, Eucladoceros dicranios). Le vetrine 32, 33 e 34 raccolgono i fossili di Equus stenonis, antenato del moderno cavallo, di Equus stehlini, un equide di media taglia adattato a suoli duri, simile all'asino attuale. Il museo ospita anche alcuni fossili e rocce che non provengono dal Valdarno: il calcare Rosso Ammonitico del Monte Baldo in provincia di Verona (V13), alcuni calchi dono del professor Giovanni Capellini provenienti dal Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Bologna, relativi a un sirenide pliocenico (Felsinotherium forestii), un particolare rettile marino (Ichthyosaurus campylodon) e una vertebra di Balaena etrusca(V12).

Come raggiungerci

Per chi arriva da Firenze o Roma, uscire a Valdarno dell'autostrada A1 Firenze - Roma, svoltare a destra seguendo le indicazioni Montevarchi. La cittadina dista appena due chilometri e mezzo. Dalla zona del Chianti seguire la Strada Statale SS408 Chiantigiana. Da Siena, attraverso il Chianti, percorrere la SS408 - sono circa 45 minuti di viaggio - con un percorso molto suggestivo ma ricco di curve. Attraverso la Valdambra con la superstrada Siena - Perugia fino a Colonna del Grillo, quindi proseguire per la Valdambra e Bucine. Da Arezzo la Strada Statale 9. Montevarchi si può raggiungere anche dalla provinciale Setteponti, anche se è consigliato solo a chi intende sostere nei vari paesi.

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